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Call for papers – Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio – Vygostkij e il linguaggio

Issue 6, July 2012
Edited by: Felice Cimatti and Luciano Mecacci

All'inizio c'erano le scienze cognitive, con la loro promessa di risolvere una volta per tutte il cosiddetto mind-body problem. La mente, era questo il nocciolo della promessa, sta al software come il corpo sta all'hardware. Potenza di una immagine, e di uno straordinario progetto di ricerca: la mente umana è una funzione dei circuiti cerebrali. Il dualismo mente-corpo sembrava finalmente superato. Al prezzo, però, di creare nuovi, e all'inizio inavvertiti, dualismi: quello fra interno ed esterno, fra pensiero e azione, fra mente e ambiente. Ma soprattutto quello che forse è stato il più grave di tutti i dualismi introdotti dalle scienze cognitive, quello fra mente individuale e comunità. Se la mente coincide con l'attività del singolo cervello, allora la mente non ha bisogno, per esistere e funzionare, della società e delle relazioni sociali. Non è un caso che a lungo il cognitivismo abbia fatto proprie le tesi innatiste di Chomsky: una struttura della mente innata, infatti, non ha bisogno di rapporti con l’ambiente esterno. L’innatismo alla Chomsky, diffusosi rapidamente nel cognitivismo degli anni ’60 e ’70, ed ora riproposto in una nuova veste dall’impostazione riduzionistica delle neuroscienze contemporanee, ha una lunga storia: come precisò lo stesso Chomsky in Cartesian linguistics (1966) questa impostazione sulla mente umana, dotata di capacità il cui funzionamento è indipendente dal contesto storico e culturale, risale a Cartesio e ai filosofi e linguisti del sec. XVII.
Per risolvere questi problemi non c’era che una soluzione, provare ad allargare gli angusti confini della mente individuale. Nacque così quello che sembrava un nuovo modello del mentale, la teoria dell’extended mind. La mente si allarga fino ad includere strumenti esterni, le impalcature che ne integrano ed ampliano le capacità interne. Questo paradigma, in realtà, non è affatto nuovo, anzi, non è che la ripresa parziale e inconsapevole (consapevole in alcuni psicologi come Jerome S. Bruner e Donald Norman) della teoria di uno dei maggiori psicologi del XX secolo, il russo Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934).
Vygotskij è stato il primo psicologo a proporre una descrizione complessiva della mente umana come entità radicalmente sociale e storica. L'antidualismo di  Vygotskij è assai più radicale di quello dell'extended mind, secondo la quale la mente umana è una entità naturale, e non può essere compresa se facciamo astrazione dalle determinate relazioni sociali e storiche in cui è necessariamente e naturalmente implicata. La tesi di Vygotskij è invece radicale: la natura umana non è racchiusa dentro il corpo individuale, in realtà coincide con l’insieme delle relazioni storico-sociali che quel corpo intrattiene con il suo ambiente. È un completo ribaltamento del paradigma cognitivista. Crediamo che non esista, ad oggi, una descrizionenaturalistica della psicologia dell'animale umano più conseguente di quella di Vygotskij. In effetti, anche gli scienziati cognitivi che riconoscono ed apprezzano l'eredità di Vygotskij (ad esempio Andy Clark e Michael Tomasello), non riescono a superare del tutto il pregiudizio dualistico (quello fra mente e corpo e fra mente individuale e società) che è il marchio di fabbrica delle scienza cognitive. Secondo noi il punto non è quanto siamo disposti ad estendere i confini della mente individuale, quanto piuttosto intendiamo impostare un progetto di ricerca che metta al primo posto la nozione naturalistica di relazione sociale. La tesi (di esplicita ispirazione marxista) della scuola storico-sociale di Vygotskij è che per comprendere l’animale umano occorre partire del suo contesto sociale.
La proposta di questo numero monografico della Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio dedicato a "Vygotskij e il linguaggio" parte dall’idea che questo approccio sia l’unico che ci permette di descrivere in modo naturalistico la mente umana.
In particolare, sollecitiamo contributi che affrontino queste domande:
Quali sono i rapporti fra mente umana e lingue?
Quanto sono universali le emozioni e quanto sono, invece, socialmente e storicamente determinate?
Quanto cambia la mente di un animale non umano a cui sia stato insegnato un sistema di comunicazione simile ad una lingua?
Quanto c'è, di assolutamente individuale, in una mente umana?
Esiste, nella mente umana, un pensiero radicalmente non linguistico?
Che succede quando una mente linguistica perde il linguaggio, come nel caso delle afasie?
L'ambiente naturale della specie Homo sapiens è il linguaggio?
Qual è il rapporto tra linguaggio verbale (speech) e altri linguaggi (matematico, musicale) usati dalla specie umana?

I contributi devono avere natura teorica e possono attingere alle prospettive dei seguenti ambiti disciplinari: filosofia del linguaggio, linguistica, semiotica, storia della filosofia, antropologia, sociologia, scienze sociali, psicologia e neuroscienze.

Sono accettati articoli in italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo e russo. Tutti i contributi inviati devono essere preparati dall’autore per la valutazione in forma anonima. E’ necessario, quindi, che il nome, l’afferenza ad una istituzione e il titolo del contributo siano indicati in un file diverso da quello che contiene il testo. Il contributo deve essere inviato in formato elettronico .doc o .rtf a segreteria.rifl@gmail.com.


Note per gli autori

Lunghezza massima contributi:
40000 battute (spazi inclusi) per gli articoli (compresa la bibliografia);
20000 battute (spazi inclusi) per le interviste e le rassegne;
10000 battute (spazi inclusi) per le recensioni.

Data ultima invio contributo: 25 aprile 2012
Notifica accettazione: 20 maggio 2012 
Versione finale: 20 giugno 2012
Pubblicazione numero rivista: luglio 2012

Per ulteriori informazioni: info.rifl@gmail.com