Bisogno furioso di liberare le parole
Dario Tomasello e Francesca Polacci
In occasione dell’anniversario della fondazione del movimento futurista, la necessità di un sondaggio rinnovato delle specificità tecnico-stilistiche della compagine marinettiana sembra riproporsi intatta alla nostra attenzione. È, forse, in ragione del carattere complesso delle sperimentazioni tipografiche futuriste che restano oggi eluse alcune questioni di ordine teorico e critico. La natura di questi testi, non facilmente classificabili in virtù della loro singolare cifra, rende attuale interrogarsi sugli esiti ottenuti. Questo studio muove, dunque, dall’esigenza di uno sguardo incrociato nei confronti di componimenti che nascono come sperimentazione letteraria e, al contempo, convocano una pertinenza di ordine visivo. L’indagine prende avvio dall’accertamento di come l’insuccesso di questo tentativo si coniughi con la persistenza di una condizione crepuscolare capace di dettare, a dispetto dell’intemperante aggressività della proposta futurista, in maniera ben più prepotentemente sottile, tempi e modi della produzione poetica in Italia. Il principale quesito volto alle Tavole parolibere concerne, poi, la modalità di realizzazione sincretica tra le due forme semiotiche messe in discorso. Si tratta, infatti, di opere che pongono in essere, definendone la problematicità, i luoghi di congiunzione tra verbale e visivo, trasformando la presenza di tali “soglie” in motivo di incremento alla produzione estetica.
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